Archivio | Uncategorized RSS feed for this section

Cosa ne so io 8) La tenerezza

24 Gen

Che vorresti solo accarezzare quelle manine paffute. Manine da mangiare, manine da annusare. Che profumano di zucchero filato.

Manine innocenti che si stupiscono di quello che accade.

Manine piene di curiosità alla ricerca di cose da toccare per sentire se sono lisce, dure o morbide.

Manine che vorremmo avere anche noi adulti per farci stupire da piccole cose, ma non irrilevanti.

Potessimo torneremmo indietro subito per deliziarci di quelle piccole fossettine che si sono formate tra un dito e l’altro. Non smetteremo mai di guardarle come se fossero la cosa più bella del mondo.

In realtà sono la cosa più bella del mondo, il problema è che ce lo siamo dimenticato.

Cosa ne so io.

Cosa ne so io – 7) indifferenza

24 Gen

Potrebbe essere chiunque, oppure potrebbe essere qualsiasi cosa.

Donna, uomo, un insieme di stracci sporchi. Qualsiasi cosa.

Nessuno lo vede, o la vede. Forse perché non c’è nulla da vedere.

Alcuni vorrebbero essere aiutati, altri vogliono solo essere lasciati in pace fino a che non arrivi la loro ora.

Oppure potrebbe essere qualsiasi cosa, allora il problema non si pone.

Vengo redarguita da un ragazzo perché non ho chiesto il permesso per fare la foto.

Forse ha ragione.

È vero, indirettamente non porto rispetto alla persona e alla situazione. Direttamente invece non ho nulla di cui rammaricarmi. Ma forse la mia coscienza sarebbe dovuta intervenire chiedendomi il senso di questo scatto.

In questo caso allora non ho risposte da dare.

Cosa ne so io.

Cosa ne so io – 6) solitudini

23 Gen

Il contrasto tra le nostre risate e la solitudie dell’uomo che ci troviamo di fronte, alle undici di sera, urla senza pietà.

Lui è quello che sembra? Dovremmo provare pena? Dovremmo vergognarci della nostra apparente felicità in segno di rispetto verso i meno fortunati? E chi sono poi i meno fortunati, cosa ne sappiamo noi dei meno fortunati. Magari i meno fortunati siamo noi, anzi sicuramente siamo noi, con i nostri sorrisi fasulli causati dal nulla.

Magari rincorriamo la menzogna della felicità per non guardarci dentro.

L’apparenza inganna, spesso e volentieri. Anzi inganna sempre

Cosa ne so io.

Cosa ne so io 5) il silenzio

22 Gen

Silenzio surreale a parte l’annuncio delle fermate.

Nessuno parla, talvolta qualche bisbiglio, quasi impercettibile a un orecchio non abituato a percepire toni così bassi.

Il convoglio si muove incerto, bascula, quasi come una barca a vela in balia di onde morbide illuminate solo dai bagliori della luna.

Nessuno parla, ma non perché ci sia stanchezza o sovrappensiero, nessuno parla perché non si vuole disturbare. Forse questo è l’unico momento di pace che hanno durante la giornata. Non si ha da sapere.

Nessuno chiama la madre per sapere a che ora viene servita la cena o peggio ancora cosa ci sia da mangiare.

Nessuno, e questo è un bene, almeno per me.

Cosa ne so io.

Cosa ne so io – 4) il furto

22 Gen

E mentre mi godo la vista di questa ragazza immersa nei suoi pensieri affannandomi verso il prossimo gate, mi chiedo perché la gente sia disonesta.

Stiamo scendendo dall’aereo, il ragazzo davanti a me si alza, appoggia il telefono nero sul sedile nero. Apre la cappelliera. Tira fuori un trolley nero, uno zaino nero, una giacca e un cappello nero. Butta tutto velocemente sul sedile per far passare gli altri passeggeri. Si incastra con loro nel corridoio nonostante sia ritornato al suo posto.

La sua difficoltà a muoversi nello spazio è tangibile. Incastra il braccio nella giacca e non riesce a infilarsi quell’altro. Rischia di decapitare il passeggero di fianco mettendosi lo zaino. Nel frattempo gli scivola il cappello per terra e per raccoglierlo prende una testata sul trolley di quello che stava passando e gli ricade di nuovo.

È pronto, è finalmente pronto. Posso scendere anche io senza intaccare la mia incolumità. Mi accorgo mentre mi sto vestendo che ha dimenticato il cellulare nero sul sedile nero, e il cappello per terra. È troppo avanti oramai per urlarglielo, travolta da un fiume di gente nel corridoio.

Mi giro indietro per cercare l’hostess per dirle del cellulare, non la vedo. Dopo due secondi mi rigiro. Del cellulare nero è rimasto solo il sedile nero. Del cappello nero è rimasta solo la moquette grigia.

Quella convinzione di essere furbi quando invece si è solo dei poveri coglioni.

Cose che non so.

Cosa ne so io – 3) il maleducato

22 Gen

Respiro piano nonostante la partenza del volo sia stata modificata due volte.

Respiro piano nonostante mi abbiano già avvisata che perderò la coincidenza e arriverò due ore dopo.

Respiro piano anche se ho comprato sei forcine per capelli, i becchi d’oca per intenderci, a sei euro e novanta, per poi ritrovarmi, cinquanta metri più in là un negozietto che le faceva a venti centesimi l’una.

Respiro piano mentre mi avvicino alla cassa per ordinarmi un panino. Respiro pianissimo, tanto questo disastro non posso fermarlo.

Non c’è nessuno, sono davanti alla cassiera che non mi guarda. Io sto per ordinare. Mi passa davanti uno e ordina.

Non mi capacito. Mi passa davanti uno e ordina, senza guardarmi, come se fossi invisibile.

Io lo guardo e sto cercando di capire se dietro a quell’atteggiamento da pezzo di merda ci sia magari una persona sommersa da pensieri, da problemi o magari da malinconie e rimorsi che lo tormentano. Ma non è così.

Faccio un passo indietro.

Ma io vedo solo un pezzo di merda.

Lo lascio fare, non vale la pena.

La cassiera continua a non vedere.

Io accenno un “La pietà l’è morta, ma pure la cavalleria non scherza”. Ma nessuno mi ascolta. La cassiera fissa il vuoto e di lui è rimasta solo la scia di puzza. Di puzza di merda.

Cosa ne so io.

Cosa ne so io – 2 L’americana

22 Gen

La prima volta che sono andata in America è stata alla fine della terza media, da sola, a trovare mia zia. Il primo pensiero che mi balza in testa è che in un mese ho preso dieci chili.

E ora ho questa americana davanti a me, in partenza anche lei, con i tipici calzetti bianchi di spugna, corti, quelli che ho adorato quando a tredici anni mia zia me li ha portati in aeroporto al mio arrivo. Con il pon pon dietro. Tutti color pastello. Un sogno. In Italia non esistevano. I miei compagni mi hanno invidiata per mesi. Solo per quello, è inutile aggiungere altro.

La signora ogni tanto mi guarda e io la guardo, mi vengono in mente solo i calzetti. Mi viene in mente di chiederle se oltre a quegli stupidi pezzi di stoffa, di cui loro tanto si vantano, hanno anche qualcosa da dirci, qualcosa da mostrarci di minimamente intelligente.

Sì, oggi ho la rabbia dentro. E me la prendo con lei che potrebbe essere tutto, oppure una chiunque, oppure una nullità come me che in questo momento la sto giudicando perché mi ricordo solo cose futili di quella vacanza.

Ma anche se fosse una nullità? E poi cosa vuol dire nullità. Nessuno lo è, neanche nelle peggiori situazioni, a parte me in questo momento.

Cose che non so.

Cosa ne so io – 1) L’orribile maglione

21 Gen

È facile criticare. Cazzo, quanto è facile. Mi ritrovo ora in treno davanti a questa ragazza, mi ricorda un po’ me alla sua età.

Forse è maggiorenne, ma da poco.

La guardo furtivamente e penso come si possa indossare un maglione del genere, è orribile. Pessima la fibra usata, pessima la trama, i colori. Un sintetico che prende fuoco solo a guardarlo. Un girocollo che la strozza. Zero valorizzante. Lei bianca cadaverica, lo sguardo spento.

Non dovrei neanche avere questi pensieri perché il mio modo di vestire non si discosta molto dal suo. Mischio colori che cozzano fra di loro. Mi vesto da ufficio con calze da colori fluo con gli ippopotami. Oso indossare righe orizzontali sopra con pantaloni con motivi completamente opposti. Il tutto non voluto. Tutto buttatomi casualmente addosso.

Eppure sono qui che la critico.

Non ha veramente nulla di più decente nell’armadio? Non c’è nessuno che la consigli?

Le mie colleghe si sono arrese dopo l’ultima foto, di ieri sera, delle mie nuove scarpe.

Eppure io sono qui che la critico.

Poi mi tremano le gambe. Penso magari che quello sia un regalo di un padre, di un amico, di una nonna per un’occasione speciale. Magari di dubbio gusto ma fatto con il cuore. E lei coraggiosa lo mette lo stesso perché e più importante il valore del gesto che la bellezza in sé. Come quando si perde qualcosa e si pagherebbe oro per riaverlo, solo per il valore affettivo appunto.

E allora non critico più. Ma non avrei dovuto farlo neanche prima.

Cosa ne so io.

Racconti da Kiev – 50 – Snizhana

15 Apr

Persone che, come pedine del domino, cadono una addosso all’altra. Ma il rumore è più sordo, non è quel toc del legno.

Persone che, come se fossero oggetti vecchi, vengono gettate via. Chi dalle finestre, chi dentro buche nella terra, chi in mezzo a una strada.

Persone che, come se fossero oramai inutilizzabili, vengono abbandonate quasi senza più vita agli angoli dei palazzi.

Persone che, come se fossero pupazzi, vengono aperti a metà, presi a calci in faccia, lanciati lontano, strappati gli occhi.

Persone che, erano mia madre, le mie cugine, mio nonno. Che chi è morto è stato fortunato rispetto a chi è rimasto in vita.

Mi aggrappo a mio padre, mi arrampico su di lui, come se la terra scottasse. Come se tutto sprofondasse nelle sabbie mobili. Come se tutto si allagasse e dovessi respirare.

“Cosa c’è Snizhana?”

Non dico nulla, ma lo stringo fortissimo. Nonostante la terra non scotti, non ci siano sabbie mobili o un allagamento, so comunque che anche se rimarrò in vita non mi salverò.

Racconti da Kiev- 44 – Kuzma

9 Apr

“Kuzma, bambina mia, promettimi una cosa.” – mi chiese mia mamma in una lettera – ” Che quando avrai voglia di tagliarti i capelli, penserai a me, anche se ti ho solo portata in grembo, ma mai conosciuta. Ma il papà ti racconterà la mia storia che poi è diventata un po’ la nostra. Cose belle, cose divertenti, un po’ di cose tristi, tipo la mia malattia, quella che mi ha lasciata senza capelli. Quella che mi ha lasciata senza di te. E mi piacerebbe fare una cosa che altre persone, che sono nella mia stessa situazione, gradirebbero molto. La donazione dei capelli, dei tuoi capelli, per fare loro sorridere, magari anche solo per pochi mesi, io di tutto questo non ho potuto avere niente. Mi piacerebbe che fosse il mio regalo per quelle che ce la stanno facendo, che vivono anche un po’ per me”.

La scrisse due giorni prima di partorire. La scrisse tre giorni prima di morire.

E così verso i cinque anni, quando ho manifestato con mio papà la volontà di andare dal parrucchiere lui ha tirato fuori questa lettera, mi ha fatto sedere sul divano di fianco a lui. Facendomi vedere la prima volta la scrittura della mamma e leggendo piano piano il testo mentre gli tremavano le mani e la voce.

E ora ho nove anni e non li ho mai tagliati, ma per la paura mi cadono, mi cadono a ciocche. Mi cadono mentre scappiamo per strada, e io torno indietro a raccoglierli, mentre mio padre mi urla terrorizzato. Mi cadono mentre siamo nel rifugio e mangiamo, e io li raccolgo dal piatto. Mi cadono quando mi sveglio e ci sono ciocche sul cuscino o quello che lo dovrebbe essere. E io li raccolgo, li raccolgo tutti, fino all’ultimo capello. Li pulisco e li metto in un sacchetto. Un sacchetto preziosissimo, un sacchetto che vale più della mia stessa vita, che tengo sempre addosso per paura di dimenticarlo. Un sacchetto che se perdessi anche questo, che oramai è l’unica cosa che ho, ti perderei due volte mamma.

vengodalmare

« Io sono un trasmettitore, irradio. Le mie opere sono le mie antenne » (Joseph Beuys)

Racconti da Kiev

Storie di bambini e guerra.

Il Prof Bicromatico

Pensieri sfusi di una mente confusa

nazzablog

Non prendete la vita troppo sul serio comunque vada non ne uscirete vivi

Dragonflai

L'idea della perfezione toglie il piacere della comunicazione

francesco iacovetti blog

VIVIAMO IL MONDO DI SUZIE WONG O SIAMO SCHIAVI DELLA BORSA DI HONG KONG?

LaChimicaDelleLettere

Reazioni a catenella

Vania Cavicchioli

C'è un solo tipo di successo: quello di fare della propria vita ciò che si desidera. (Henry David Thoreau)

Il Suono Visibile

perché, ogni tanto, è bello ricordarti chi sei...

Aleteia.org - Italiano

Una rete cattolica mondiale per condividere risorse sulla fede con quanti cercano la verità

the literate lens

photography, writing and the spaces between

Punch Drunk Village

A blog for the rest of us

GLITTERING SCRIVENER

MARIA DAHVANA HEADLEY - WRITER